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INDICE N. 7/2014
GENERI TESTUALI NEL VERISMO
– Carla Riccardi: Con il verismo nasce la novella moderna
– Rosalba Galvagno: Figure del Cristo ne Il marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana
– Margherita De Blasi: Tra romanzo e novella. Coincidenze tra X ed Eros
– Damiano Frasca: Una lettura di Quelli del colèra di Giovanni Verga
– Rosa Maria Monastra: Due serve verghiane: Lucia e Femia
– Novella Primo: Le maschere nella Primavera di Verga novelliere
– Oreste Palmiero: «Mio caro Pino della montagna»: In portineria e il teatro nel carteggio Verga-Giacosa
– Andrea Manganaro: «La prima ispirazione della forma». La genesi ‘fiabesca’ delle novelle di Verga
– Milena Giuffrida: Nella biblioteca di Verga: suggestioni e modelli
– Antonio Di Silvestro: Verga: gli abbozzi teatrali e il ciclo incompiuto
– Maria Di Giovanna: Squallide derive in Artisti da strapazzo. Su due finali e altre varianti
– Giulia Lombardi: «In lei c’è una vera stoffa di novelliere». Federico De Roberto autore di novelle
– Giuseppe Traina: Ironia e umorismo nella narrativa breve di Federico De Roberto
– Rosario Castelli: Per un’edizione completa del teatro di Federico De Roberto: testi rappresentati, inediti e rari
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INDICE
– Gabriella Alfieri: Presentazione
– Giorgio Forni: La vicenda redazionale delle Novelle rusticane. Un quadro dei risultati conseguiti
– Lucia Bertolini: Il percorso discontinuo da Frine a Eva
– Maria Di Venuta: Il marito di Elena
– Carla Riccardi: Primavera: una nuova fisiologia dell’amore
– Margherita De Blasi: Per l’edizione critica di Eros
– Rosy Cupo: Per l’edizione critica di Dal tuo al mio di Giovanni Verga
– Barbara Rodà: Per l’edizione critica del testo teatrale de La Lupa. Con una nota su Cavalleria rusticana
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INDICE ANNALI N. 5/2012
– Luciana Salibra: Incastri di lingua e dialetto nel Mastro-don Gesualdo di Vaccari
– Manuel Gamuzza: La “silenziosa” evoluzione dei protagonisti: Gesualdo e Bianca tra le due stesure del Mastro
– Antonio Di Silvestro: Capuana e Verga tra ‘plagio’ e riscrittura. La novella Quacquarà e il Mastro-don Gesualdo
– Salvina Bosco: Le carte rapite
– Antonio Di Grado: Viaggiatori virtuali e scrittori in gita. Da Verga a Vittorini e oltre
– Modestino Della Sala: Verga e Del Balzo. La storia vera ne Il marito di Elena
– Dario Stazzone: L’imperativo del nome del padre e il «delirio» ne Il marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana
– Luigi Di Giovanni: Il volto del paese di Cesare Dorello
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INDICE ANNALI 14/2021
– Carla Riccardi: Che cos’è l’arte? Da Frine a Il come, il quando ed il perchè
– Ilaria Muoio: L’urgenza della legittimazione. Poetiche e sviluppi della novella moderna in Italia
– Ambra Carta: Il punto degli studi sull’opera critica di Luigi Capuana (2015-2021)
– Giorgio Longo: La Chasse au loup (1915). Un’inedita versione operistica del bozzetto verghiano
– Rosy Cupo: Dal tuo al mio, di Giovanni Verga. Una nuova prospettiva critica
– Maria Melania Vitale: Giovanni Verga e Felice Cameroni: le carte ritrovate
– Rosaria Sardo: De Roberto tra questione della lingua e formazione dello stile
– Paolo Orrù: I contadini in Sicilia (1876): lingua, discorso e questione meridionale nell’inchiesta di Sidney Sonnino
– Matteo Di Gesù: Luigi Natoli, I Beati Paoli, la mafia
– Antonio Di Silvestro: La prima novellistica della Deledda tra Verga e il verismo: appunti critici
– Dino Manca: Critica delle varianti e diacronie linguistiche in alcuni romanzi deleddiani, dai manoscritti alle edizioni Treves
– Gabriella Alfieri, Salvatore Arcidiacono, Marco Biffi, Stephanie Cerruto, Antonio Di Silvestro, Valentina Puglisi, Rosaria Sardo: Il VIVer: vocabolario reticolare dell’italiano veristico
– Chiara Corpace, Céline Grenaud-Tostain, Olivier Lumbroso, Jean-Sébastien Macke, Alain Pagès: Éditer, lire et transmettre les Ébauches des Rougon-Macquart d’Émile Zola: le projet ScéNa («Scénarios naturalistes»)
La rappresentazione narrativa di luoghi, ambienti e paesaggi nelle due stesure del Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga (1888 e 1889) è analizzata con un approccio che integra al tradizionale approccio diegetico-letterario l’osservazione linguistico-stilistica e tipologico-testuale. A partire dal presupposto storico-critico che nel romanzo moderno lo spazio è il cardine della relazione tra sintassi, lessico d’autore, temi e contenuti, si è costruito e indagato un corpus di un centinaio di inserti descrittivi, consultabile in appendice al presente volume. Raffrontando sinotticamente le soluzioni testuali adottate nelle due edizioni del romanzo, si sono caratterizzate, in base a dati attendibili e oggettivi, le dinamiche di testualizzazione e di strutturazione dei dati spaziali e paesaggistici nel Mastro-don Gesualdo. Le rare enunciazioni teoriche verghiane sono state rapportate alle realizzazioni narrative, e si è appurato come, nel rappresentare la realtà nel secondo romanzo de I Vinti, Verga osservi il mandato zoliano di attagliare le descrizioni alla caratterizzazione ambientale dell’uomo-personaggio, senza tuttavia rinunciare a un descrittivismo liricheggiante e a volte soggettivizzato. L’articolata gamma di strategie sintattico-stilistiche ed elocutive – dal livello minimo di allitterazioni e onomatopee al livello più elevato di anafore, similitudini, antitesi, metonimie – conferma il costante connubio tra grammatica e retorica come cifra stilistica dei capolavori veristi.
Federico De Roberto occupa certamente un capitolo a parte nella storia dei rapporti tra Verismo e fotografia; non solo per i caratteri di originalità all’interno della cerchia catanese, ma anche nel panorama letterario europeo a cavallo tra Otto e Novecento. Tra i veristi è infatti l’unico ad aver elaborato una compiuta produzione foto-letteraria, ed è uno dei rarissimi autori dell’epoca ad aver pubblicato delle opere illustrate con i propri scatti, in cui testo e immagini riescono a dialogare coerentemente nelle sue «fatiche foto-monografiche». De Roberto concretizza il sogno irrealizzato di scrittori come Gautier, Strindberg e tanti altri: dare voce alla realtà fotografata, nello stesso momento in cui il testo la illustra. Lo scrittore narra ormai attraverso parole e immagini; in altre parole, se la realtà raccontata attraverso la scrittura acquista dignità di ‘vero’, può allora assumere vita autonoma. Viceversa, la fotografia, definendosi come realtà e rapportandosi specularmente ad essa, acquista nelle mani dello scrittore una funzione narrativa.
Questo volume presenta la riproduzione anastatica delle sue principali opere foto-narrative: la monografia Randazzo e la Valle dell’Alcantara (1909) e l’articolo San Silvestro da Troina pubblicato nello stesso anno su La Lettura, «Rivista mensile del Corriere della Sera»; è accompagnato da un saggio introduttivo del curatore Giorgio Longo: Le «fatiche foto-monografiche» di Federico De Roberto.
Il presente volume si può considerare, in certo qual modo, come una continuazione del precedente lavoro Le lagrime e le risate delle cose. Aspetti del verismo, accolto, nel 1989, nella prima serie degli Studi della Fondazione Verga di Catania. Protagonisti dei saggi di cui il libro si compone sono, sicuramente, anche in questo caso, i maggiori rappresentanti del verismo italiano: Verga, Capuana, De Roberto (inquadrati nel contesto storico-culturale di cui fanno organicamente parte); la ricerca si sviluppa, tuttavia, su un campo che si estende oltre i confini comunemente assegnati alla materia in oggetto, procedendo secondo linee e in direzioni che divergono – a volte – da quelle più “tradizionali” e addentrandosi in territori poco frequentati (come nel caso di Capuana “fantastico” e “fantascientifico”) o del tutto inesplorati (nel caso dei rapporti tra Capuana e Maupassant). Da questo punto di vista, forse, un titolo più appropriato (in quanto più “aperto” e – almeno potenzialmente – “pluralista”) avrebbe potuto essere qualcosa come Paralipomeni sul verismo e sui veristi. Ma sarebbe apparso un po’ troppo “ingombrante”.
Spigolature idiolettali nel vissuto linguistico del Verga ‘milanese’ (1872-1891)
I vent’anni trascorsi da Verga a Milano, che segnarono il culmine e poi il lento declino della vita artistica dello scrittore, costituiscono un periodo lungo e intenso, che è stato oggetto di approfonditi studi su singoli aspetti o su elementi episodici. Questo volume intende proporne una rivisitazione più organica, ripercorrendo dall’interno il vissuto linguistico dello scrittore, restituitoci da lettere, scritti memorialistici e testimonianze d’epoca. L’osservazione ravvicinata degli idioletti pubblici e privati di Verga, da quello estetico e teatrale a quello socio-familiare e amicale, permette di far luce su un aspetto essenziale – e finora inesplorato nel suo complesso – dell’esperienza artistica del grande scrittore verista, aprendo scenari inediti sulla vita sociale e culturale dell’Italia otto-novecentesca, con il suo irripetibile ethos.
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INDICE ANNALI 13/2020
– Maria Di Giovanna: Variazioni sul ‘costruttore di roba’ e mutazione genetica della novella di beffa in Nanni Volpe di Giovanni Verga
– Rosy Cupo:La “sfortuna” critica di Dal tuo al mio di Giovanni Verga
– Dario Stazzone: I funerali di Teresa Uzeda. Note sul primo capitolo de I Vicerè di De Roberto
– Fabiano Dalla Bona:Il paesaggio letterario di Federico De Roberto
– Francesca Puliafito: Primi sondaggi filologici sui drammi verghiani incompiuti e inediti
– Cristina Costanzo:Verga e la poetica del vero nella cultura figurativa di Francesco Lojacono, Antonino Leto e Onofrio Tomaselli
– Antonio Di Silvestro: Verga, l’editore Casanova e i primi lettori delle Novelle rusticane
– Angela Gigliola Drago: Vagabondaggi letterari e itinerari narrativi verghiani: prima del Mastro-don Gesualdo
– Giorgio Longo: Les grandes journées du verisme en France: Crémieux, Arrighi et Pézard
– Flora Di Legami: A proposito di Verga tradotto nei paesi europei
– Tullio Pagano: Tradurre per capire Giovanni Verga
– Gabriella Alfieri: « – il realismo io l’intendo così, …, in una parola – ». Ritocchi e postille alla lettera a Salvatore Paola su «La Marea»
REALISMO, VERISMO, MODERNISMO TRA SECONDO OTTOCENTO E PRIMO NOVECENTO.
SPERIMENTAZIONE ITALIANA E CORNICE EUROPEA
a cura di GABRIELLA ALFIERI – ROSARIO CASTELLI – SERGIO CRISTALDI – ANDREA MANGANARO
Atti del Convegno Internazionale di Studi ( Catania 3-5 ottobre 2019)
INDICE
Il Convegno che sta a monte del presente volume si è mosso tra i comparti in cui viene tradizionalmente articolato lo scenario narrativo italiano tra Otto e Novecento con l’intento di trattare ogni comparto come spunto di una verifica trasversale, come base di partenza per l’apertura a un panorama complessivo. Cinque le sezioni: Tra naturalismo e modernismo (sui due capi estremi di una parabola, da una parte Zola, dall’altra il realismo modernista): Orizzonti di Verga (intorno al laboratorio verghiano, anche nelle sue dimensioni europee); Verismo e dintorni (a proposito di De Sanctis, Capuana, Valera, D’Annunzio, Pirandello); La scommessa di Fogazzaro (con attenzione sia al teorico del romanzo, sia allo scrittore in proprio); Tra vero e ideale (in ordine a De Roberto, Serao, Deledda). S’intende: alcuni contributi hanno tentato, più che altro, puntualizzazioni sull’autore rispettivamente in oggetto; altri si sono rivolti alla rete delle connessioni. Ma a considerare l’insieme, si può concludere che l’approccio specialistico e la complementare disponibilità a uno sguardo d’orizzonte si sono giovati a vicenda.
VERGA TRA MILANO E CATANIA (1872-1891)
a cura di GABRIELLA ALFIERI – ANDREA MANGANARO – SILVIA MORGANA – GIUSEPPE POLIMENI
Atti del Convegno di Studi per il quarantennale della Fondazione Verga (Catania 19-21 aprile 2018 – Milano 28-30 novembre 2018)
2 VOLUMI
INDICE
La Fondazione Verga ha celebrato i suoi primi quarant’anni con un congresso “bilaterale”, intitolato «I suoi begli anni»: Verga tra Milano e Catania – 1872-1892, che si è svolto in due sessioni, la prima a Catania dal 19 al 21 aprile e la seconda a Milano, dal 28 al 30 novembre 2018. Si ringraziano tutti gli Enti e le Istituzioni che hanno consentito la realizzazione di questa importante iniziativa. Simbolicamente si è voluto dedicare il festeggiamento a una tematica rilevante come i venti anni trascorsi da Verga a Milano, che segnarono il culmine e poi il lento declino della vita artistica dello scrittore. Si tratta di un periodo lungo e intenso, che era stato oggetto di approfonditi studi su singoli aspetti o su elementi episodici della produzione verghiana, ma che attendeva ancora un’adeguata storicizzazione critica. Nel periodo tra il 1872 e il 1892 Verga alternava lunghi soggiorni a Milano con rientri periodici a Catania, passando dall’intensa vita sociale e artistica della capitale culturale ai tranquilli periodi di vita domestica nella città natale. In Sicilia lo scrittore rielaborava istanze poetico-estetiche assorbite nei circoli intellettuali meneghini, dove frequentava musicisti, poeti, drammaturghi, pittori. Tali contatti ispirarono la creatività del narratore e del drammaturgo con propaggini significative fino al primo decennio del Novecento. Il Congresso, superando i limiti della memorialistica e della critica monografica, ha prodotto una ricerca organica sul Verga milanese, impostata su rigorose basi critiche, filologiche, semiotiche, storiche e tecnico-artistiche. Si è così illustrato a fondo un periodo essenziale e praticamente inesplorato nel suo complesso dell’esperienza artistica del grande scrittore verista.
La “terribilità”, la sconvolgente capacità di guardare lucidamente la “verità effettuale” dell’agire umano, senza il velo di alcuna ipocrisia. È questa caratteristica, spesso taciuta, di Verga, a emergere da questo libro, che propone alcuni temi rileggendone l’intera opera: quello, machiavelliano, della ferinità come componente essenziale, costitutiva, dell’umanità stessa; quello della guerra, della lotta, dei conflitti, sia della Storia sia delle storie individuali; quello dello “spatriare”, per necessità, che dalle sue pagine si proietta sugli infiniti drammi vissuti da moltitudini di esseri umani, sulle intere generazioni partite per “là dove muore il sole”, e su chi, oggi, privo di tutto, giunge dal mare sulle stesse spiagge dei Malavoglia. Difficile, anche arduo da sopportare, questo sguardo di Verga sulle “cose” del mondo, che non arretra di fronte al male, ma che vuole conoscerlo e rappresentarlo, senza infingimenti e facili illusioni. Ma proprio per questo coraggioso riconoscimento, per questa amara consapevolezza, per le sue negazioni, profonde istanze possono anche sorgere in chi oggi voglia rileggere la sua opera, e riesca a “stare con lui”, con il terribile e grande Verga, riscoprendone la voce immanente di autentica pietà per il dolore del mondo.
La poetica delle contraddizioni in De Roberto novelliere
Nella vastissima e poliedrica produzione letteraria di Federico De Roberto (Napoli, 1861-Catania, 1927), una considerazione adeguata meritano le novelle – circa un centinaio – composte tra il 1887 e il 1927. Nella sua pluridecennale attività di novelliere, l’autore de I Vicerè sviluppa una metodologia di scrittura sistematica e precisa vòlta all’osservazione e alla riproduzione esatta del reale, spinta oltre i modelli del verismo. La novella diventa il laboratorio di speculazioni teoriche e sperimentalismi letterari applicati, successivamente, nei ben più celebri romanzi dell’autore catanese. Partendo da un’analisi delle prefazioni alle raccolte di novelle, il presente studio analizza i due principali filoni narrativi della novellistica derobertiana. Nel primo, connotato dalla poetica dell’amore, è palese la contraddizione prospettica tra la concezione del sentimento come oggetto di studio e come oggetto di rappresentazione letteraria. Se dal punto di vista teorico l’amore risponde a una casistica precisa elaborata dall’autore, al momento della sua trasposizione narrativa si manifesta la sua assoluta e sfuggente contraddittorietà. Il secondo filone si sviluppa attorno a quelle che la critica ha battezzato le “novelle della guerra”, scritte a ridosso del primo conflitto mondiale. Nate come rappresentazioni retrospettive ma fedeli di episodi emblematici del vissuto quotidiano dei combattenti, queste novelle diventano una concatenazione di signifiants polisemici che rinviano a una realtà terrificante. Pur nella riproduzione narrativa, la realtà bellica si presenta drammaticamente stravolta da fatti storici che rimettono in dubbio tutte le certezze acquisite e lasciano spazio a interpretazioni plurime. L’attrito tra le teorie esposte dall’autore nelle sue prefazioni e le risultanze dei suoi testi narrativi si risolve in una “poetica delle contraddizioni”, dove le strategie narrative diventano strumenti essenziali per rivelare le discordanze della realtà. La parabola delle novelle derobertiane, qui indagata organicamente per la prima volta, permette di individuare le tappe di una vicenda letteraria intensa e singolare, spinta da una tensione continua tra veritas e fictio, ed estesa tra moduli veristi, modernisti ed espressionisti.
Ripartito in due parti, il saggio propone nella prima una disamina lucida e originale del rapporto tra paesaggio e letteratura, soffermandosi in particolare sul secondo Ottocento, problematico momento di transizione dalla concezione romantica in cui il paesaggio rispecchia lo stato d’animo e il vissuto dei personaggi ai molteplici aspetti che esso assume nel Novecento. Nella seconda parte, la documentata e puntuale analisi delle dodici Novelle rusticane evidenzia la funzione narrativa e ideologica assegnata da Verga al paesaggio, metafora della propria Weltanschauung. “Sfinge misteriosa” con un “carattere di necessità fatale” (Di là del mare) il paesaggio nelle Rusticane è abitato da “fantasmi passeggieri”, umili protagonisti di piccole vicende sulle quali si abbattono il potere della Natura (Malaria, I galantuomini, Gli orfani) e della Storia (Libertà, Il Reverendo, Cos’è il Re), espressioni della visione materialistica ed economicistica (La roba, Pane nero) di Verga.
Prefazione di Gabriella Alfieri
Il marito di Elena fu pubblicato da Treves nel 1882, subito dopo la delusione per l’insuccesso dei Malavoglia, quasi come rivalsa o risarcimento per l’editore. Questo romanzo, che sviluppa la sua trama sul confronto tra la frivola mondanità cittadina di una Napoli borghese e la solidità di valori del mondo rurale di Altavilla Irpina, è un classico esempio della scrittura bifronte del Verga, sospesa perennemente tra realismo rusticano e psicologismo intimista, con relative cifre stilistiche: simulazione narrativa dell’oralità “popolare” e della conversazione salottiera. Cesare, giovane di origini contadine, compiuti gli studi in legge a Napoli, sposa Elena, vivace donna di città e amante della mondanità. Il romanzo descrive i contrasti dei due mondi che si riflettono all’interno della coppia, causa di una progressiva e sempre più evidente incompatibilità dei due protagonisti che porterà l’uomo, combattuto tra l’amore e i valori della società da cui proviene, all’epilogo più classico dei drammi d’amore.
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