Visualizzazione di 16-30 di 34 risultati
Dieci apologhi o meglio “capricci” di ambientazione universitaria, scritti da un ex accademico che in quel mondo ha vissuto con passione, e se ora ha voglia di sorriderne non è per rinnegarlo ma per rimodularne in chiave di allegretto tipi e tic, patimenti e magagne, inaspriti e parodizzati fino al grottesco. Cattedratici bolsi o sfigati, discepoli maldestri o malmostosi, congiure sgangherate e simposi surreali, goffi amori e sordi rancori danno vita e colori a una irriverente gouache alla Daumier. E a furia di smorfie e lazzi si tramutano in una masnada di guitti, assoldati per alleviare il peso di questi giorni grevi.
Jasmine fuma la pipa è un noir mediterraneo, che si ispira al romanzo realista italiano e che nasce con l’intento di raccontare i profondi contrasti tra la bellezza dei luoghi e la malvagità dei crimini. La vita di Jasmine sembra essere caratterizzata da una nuvola nera che, nel corso degli anni, ha portato via in modo drammatico prima il padre e la madre e poi la nonna. Soprattutto la morte dei genitori, il papà un noto magistrato palermitano, ha condizionato molto la vita da adulta di Jasmine che, trasferitasi a Roma, diventerà una giornalista investigatrice. Dotata di grande acume e una straordinaria capacità di focalizzare dettagli, indaga con successo su vari casi di cronaca nera che destano ansie ma anche curiosità nel Paese. Come una moderna Sherlock Holmes, di cui è accanita lettrice, anche Jasmine fuma la pipa per concentrarsi sulle sue indagini, aiutata e sostenuta dai consigli del prof. Antonio Bloom, noto criminologo conteso dai principali canali televisivi nazionali. E sarà proprio il prof. Bloom a indirizzarla sulla giusta pista che la condurrà, a distanza di anni, a scoprire i mandanti e la causa dell’omicidio dei suoi genitori.
Novembre 1999, un giornalista sale in un paese avvinghiato ai monti. Deve parlare con un vecchio partigiano, uno degli ultimi testimoni di un passato doloroso. Saprà l’uomo fugare un dubbio che lo tormenta? Quella terra di morte e di utopie, di verità e di bugie nasconde un mistero. Tra le vie di un paese, tra i tavoli di un’osteria per rincorrere una risposta. Arduo ottenerla, perché gli uomini che hanno vissuto o subito la guerra la fuggono. La guerra ha un cattivo odore.
La storia del nostro Paese, dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri. Con una scrittura che gioca fra un crudo realismo, venato di malinconica ironia, e una visione onirica, l’autore ripercorre gli anni di piombo attraverso gli occhi, la mente e il cuore di un ventenne, prima, e di un uomo maturo, poi. Un libro sull’amicizia, sul disincanto, sull’illusione di mutare il mondo, sulla tenacia di chi, nonostante tutto e tutti, prova a portare avanti un proprio ideale di vita.
Per raggiungere la meta non servono né navi né aerei, basta una corriera blu. Per capire le storie di chi ti gira accanto e svelare la propria anima basta saper camminare e guardare oltre se stessi. Un viaggio di un mese e di un’intera vita consumato fra ricordi, scoperte, sussulti e stupori che, come lampi in un cielo d’estate, sanno scuotere. Una storia che corre tra i monti del nord e il mare di Sicilia, un racconto misterioso dove i pensieri degli adulti si mescolano e si confondono con le voci dei bambini.
Un manoscritto ritrovato, certo. Eppure in questo romanzo di Alfredo Stoppa il ritrovamento non innesca un freddo gioco iperletterario: ne scaturisce, invece, la distesa narrazione di vicende calde e ben degne di essere ricordate, che allargano la visuale – come un cannocchiale – da una prospettiva strettamente familiare a quella di un piccolo paese a quella dell’Italia intera, dato che le vicende di sfondo sono così cruciali da dilatare enormemente la portata dell’evocazione, del ricordo. Si tratta della guerra civile italiana, in un arco temporale compreso tra il settembre 1943 e l’agosto del ’44. Più lontana s’affaccia perfino la Guerra di Spagna, vicenda-spartiacque per tanti destini umani trovatisi di fronte a un bivio etico ed esistenziale. Ma è poi l’efferatezza della strage nazista di Torlano che verrà riconosciuta da chi ha dimestichezza con la storia della Resistenza friulana. L’autore, assai noto a chi frequenta la letteratura per l’infanzia, ha buon gioco nel rivestire i fatti narrati di una patina giocosa e fiabesca, coerente con lo sguardo di un ragazzino sul crinale fra prima e seconda adolescenza. Ma questo sguardo limpido e questa prosa asciutta ed elegante parlano un linguaggio universale.
Alfredo Traversa è uno psicanalista sui generis, sottile e sognatore che si confronta con le nevrosi della gente. Dal suo sofà passano personaggi che hanno paura dei ragni o dei temporali. C’è chi odia la sorella e chi crede di avere incontrato gli extraterrestri o una sirena… Un gioco narrativo nel quale i casi della vita, allo stesso modo dei casi clinici, svelano i paradossi che si nascondono dietro la normalità. Una umanità varia, simpaticamente bizzarra, osservata con partecipe ironia.
Alle sedici e dieci di lunedì 17 agosto 1987 un uomo, recluso nel carcere di Spandau da una quarantina d’anni, di cui oltre venti trascorsi in totale solitudine (“privilegio” mai accordato a nessun altro, nella Storia), raggiunge il giardino per la consueta passeggiata. Novantatré anni, malato di cuore, quasi cieco, il corpo ormai scheletrico, quel vacillante, inoffensivo prigioniero è guardato a vista da un imponente apparato di vigilanza, organizzato dai vincitori del secondo conflitto mondiale. I sovietici lo pretendono in piena efficienza come quando la fortezza accoglieva seicento prigionieri, compreso il pattugliamento delle celle vuote (con un esborso annuo, per gli alleati, di quasi un milione di dollari), nonostante le condizioni del detenuto e i tanti, autorevoli appelli in favore della sua liberazione: lo considerano un nemico della patria nonché l’emblema dell’Operazione Barbarossa, l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Lasciato inspiegabilmente solo, quel pomeriggio il prigioniero affretta il passo malfermo e, in un paio di minuti appena, raggiunge la casupola del giardiniere, assicura un cavo elettrico a una trave e, secondo l’improbabile versione ufficiale, si impicca. Si trattava davvero di Rudolf Hess, o non piuttosto del suo sosia? Il dubbio non è nuovo, mentre è del tutto nuova la ricostruzione della figura di questo Enigma della Storia in una narrazione documentaria dal respiro di un Diario Segreto, con la penna-testimone che passa da Hess al suo sosia. Dove, a ottant’anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e della sua nomina a terza carica del Partito Nazista (dopo Hitler e Göring), il Solitario di Spandau, riflette criticamente, con appassionata lucidità, sui protagonisti, sul senso e sulla portata di eventi che hanno “dettato” la Storia e sgretolato il concetto stesso di umanità. E che rimangono di una attualità sconcertante quanto ammonitrice.
Un musicista racconta la vita quotidiana di una piccola comunità di uomini e donne che vivono nella palazzina di mattoni rossi costruita da suo padre. La guerra, un evento drammatico che segnerà per sempre la vita di alcuni protagonisti, la politica, gli amori, la ricerca del successo, i sogni, le cadute… Ogni personaggio, ciascuno con la propria piccola vita, sarà chiamato a interpretare, nell’arco di un cinquantennio, un pezzo della Storia di una Sicilia e di una Italia in trasformazione.
Due racconti, due personaggi, due luoghi – la Sicilia e Roma – per narrare, attraverso un sapiente uso della scrittura, della solitudine. Solitudine che a volte è scelta, altre non cercata e incolpevole. Come quella di Peppe, contadino quasi verghiano che sa ascoltare i suoni della natura e li tramuta in canti, ma da tutti emarginato. O quella di Rosa, cittadina d’adozione, che in un palazzo romano del dopoguerra, nella vita del condominio cerca, senza trovare, riparo dalla propria solitudine.
Per allontanarsi da un passato tempestoso, il reverendo don Filippo La Ferla lascia la Sicilia e si dirige a Napoli. Giunto nella capitale del Regno, il nostro don Filippo fantastica, vorrebbe vivere in un mondo senza grandi città e immergersi in un suo, personale paradiso terrestre. Sogna le terre scoperte da un tale Cristoforo Colombo circa un secolo prima. Così decide di partire. Intense saranno le avventure e difficili le prove che lo attenderanno Oltremare.
Anno del Signore 1593. Una nobildonna è sospettata di adulterio per una questione di lacrime versate a sproposito. Per la Chiesa, la Corona e la Santa Inquisizione le lacrime versate dalle mogli al momento della morte del marito sono indizio di innocenza mentre quelle per uno sconosciuto sono indizio di consumato adulterio. Toccherà al parroco del luogo, don Filippo La Ferla – che per la sua parte è serenamente dedito ai piaceri della carne – difendere la donna utilizzando raffinati strumenti del diritto.
Cunégonde vive la sua infanzia felice con i genitori e i fratellini in uno dei villaggi che, “laggiù, dalle parti dell’equatore, costituiscono il popolo degli abigì”. Tra superstizioni e antichi rituali scopre in adolescenza le fatiche dell’essere donna in una società tradizionalmente maschilista. Quando a seguito della disgregazione familiare decide di intraprendere il viaggio verso l’Europa, Cunégonde non sa ancora quanto difficile possa essere il viaggio stesso e la vita in una terra che non è la sua e tra gente che non è come lei. Un romanzo che racconta la vita in prima persona, con lo sguardo di chi, nonostante tutto, non perde mai la speranza e la voglia di sognare.
La poesia come grido di libertà Al suo esordio da Poeta, il grande illustratore e autore curdo di libri per ragazzi, propone 17 componimenti carichi di amore, paure, guerra e libertà. Dure e lievi le poesie di Fuad Aziz, come le sue pennellate, come i suoi colori. Come la sua terra. Cammina insieme a me, attraversiamo le strade, le città, le guerre e la tristezza. Alla fine troveremo la luce.
Un collettivo di tre autrici che sperimenta la propria scrittura in una continua interazione, elaborando un racconto in cui culture diverse interpretano in maniera differente lo stesso fenomeno. La storia si snoda intorno alla presenza di uno spiritello dispettoso in un appartamento dove tre inquilini di cultura e storia personale completamente differenti si trovano a districarsi tra le incomprensioni e l’ironia della vita. Il susseguirsi di email tra le autrici svela i retroscena del percorso di scrittura.
There are no products |