SAGGI (53)

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  • Il volume raccoglie gli interventi del seminario Incontrare i margini. Declinare l’educare con lo sguardo degli ultimi, svoltosi il 7 marzo 2012 presso l’Università degli Studi di Enna «Kore». Il paradigma della differenza in educazione rappresenta la chiave d’ingresso per decifrare la complessità, per interpretare l’alterità e per orientare la relazione nei termini problematicisticamente aperti dell’emancipazione critica e della coscientizzazione. Nello spirito di una pedagogia democratica, definita secondo i criteri di una nuova paideia, il corso di laurea di Scienze dell’educazione, nel solco delle iniziative promosse da cinque anni a questa parte, ha inteso offrire un nuovo contributo di riflessione per ribadire l’importanza, il valore e il significato di una pedagogia militante, che sappia sempre e comunque collocarsi dalla parte degli ultimi e svolga, inoltre, una funzione di demitizzazione/decostruzione/decriptazione per smascherare le logiche dei poteri forti della politica e dell’economia e di qualsiasi altro sistema oligarchico, corporativo e/o lobbistico. Muovendosi nell’ottica che interpreta la democrazia come tutela dei più deboli, delle minoranze e dei marginali, il volume tenta di proporre itinerari per ripensare e ridefinire il pedagogico e l’educativo con l’occhio della differenza per tracciare nuovi orizzonti ermeneutici e individuare nuovi approdi euristici in grado di attivare processi di negoziazione tra teoria e prassi educativa.

  • È possibile e lecito immaginare la costruzione di un nuovo umanesimo in un’epoca, come quella attuale, caratterizzata da un galoppante revanscismo neorazzista e dalla deriva valoriale? Stefano Salmeri risponde di sì e propone di rifarsi alla Bildung ebraico-chassidica per costruire una società nella quale Verità, Giustizia e Pace saranno i principi fondamentali e in cui il maestro/profeta/tsaddiq sarà guida, esempio e attore/artefice militante in vista della rigenerazione di tutti e di ciascuno. La tradizione ebraico-chassidica, non più presente nell’Europa Orientale dopo la tragedia della Shoah, vive ancora nella testimonianza e nella ricostruzione che ci hanno consegnato pensatori come Buber e Scholem, ma anche scrittori e filosofi come Kafka, Benjamin, Lévinas, Derrida, Rosenzweig. A questi interpreti il volume fa riferimento per tentare di restituire e di presentare al dibattito pedagogico italiano una epistemologia educativa, ermeneuticamente orientata, i cui assunti teoretici appaiono non solo attuali, ma addirittura vitali e rivitalizzanti per la messa in opera di una sincera e problematicamente aperta pedagogia.

  • La differenza in educazione è la cifra indispensabile e il valore aggiunto per costruire la relazione secondo i criteri di una nuova paideia che ambisce a diventare prassi e teoria criticamente emancipatrice. In una prospettiva aperta e democratica si cerca di presentare in questo lavoro una riflessione pedagogica che si propone di offrire un approccio convergente e divergente del pensiero e che intende fornire risposte problematiche e non dogmatiche agli effettivi e reali bisogni formativi di ogni singolo allievo in situazione di differenza per cultura, per appartenenza sociale, per status economico, per disabilità e per identità sessuale. L’attenzione alla singolarità e alle sue peculiarità, il riconoscimento e il rispetto dell’alterità, il senso della responsabilità assoluta nella relazione educativa e nell’agire quotidiano, la dimensione etica, la ricerca incessante del meglio, la necessità di immaginare e di costruire una società e un mondo sempre più a misura d’uomo costituiscono le direttrici fondamentali del volume, che, non pretendendo di essere esaustivo, si propone però di lanciare alcune provocazioni per spingere a ripensare l’educativo in un’ottica problematica e critica: un’educazione che come nuova paideia intenda essere pratica dell’integrazione e teoresi dell’inclusione secondo le logiche di un mutuo scambio, nel quale, in un dialogo permanente dettato da una reciprocità concretamente vissuta, ognuno è incessantemente centro e periferia a seconda delle esigenze, ma mai marginale e/o diverso/escluso/discriminato.

  • TRA EDUCAZIONE E IMPEGNO MILITANTE

    Viviamo in un’epoca di profonda recessione ideologica e la cultura sembra aver perduto la sua pervasività, fino ad apparire depotenziata e, a volte, addirittura inefficace. La violenza e l’aggressività sono spesso accolte tra l’indifferenza e l’acquiescenza collettiva: riemergono così i vecchi idoli, la patria, il filo spinato; e i fantasmi del razzismo, dell’antisemitismo, della discriminazione verso i più deboli o differenti. È bene allora che la pedagogia vada a recuperare nel suo passato l’azione e il pensiero di intellettuali come Aldo Capitini, che hanno saputo fare della militanza, della ricerca e dell’impegno la loro pratica di vita, per recuperare concezioni e valori universali di cui il mondo contemporaneo sembra essersi spogliato. Il pensiero di Aldo Capitini appare non solo attuale, ma vivo: costituisce uno di quei modelli positivi in grado di offrire alla pedagogia contemporanea le vie più idonee per contrastare il trionfo dei disvalori creati dal mercato globale. L’etica della nonviolenza, principio fondante e fondamentale dell’educazione aperta di Aldo Capitini, può, quindi, animare l’attuale e il prossimo dibattito culturale, fornendo molteplici stimoli, occasioni di riflessione e di approfondimento, ma anche dubbi e nodi da sciogliere, come l’esigenza di decentramento del potere, la tensione ad una religiosità che non sia dogma, gerarchia e compromesso con il mondo, ma libera espressione di una negazione/superamento della realtà data.

  • Prefazione di Salvo Andò

    La democrazia e l’educazione costituiscono il più sicuro ed efficace antidoto contro il populismo, male endemico di tutte le forme di governo non libertarie, autoritarie e/o, addirittura, dittatoriali. Già i Greci sapevano che la democrazia può degenerare in demagogia e che, quindi, la forma più avanzata di partecipazione e di coinvolgimento popolare può facilmente trasformarsi in una deriva autoritaria, anche se apparentemente mantiene le forme, le strutture e le istituzioni del governo di tutti. I pericoli risultano maggiori, oggi, con il trionfo del potere mediatico, che permette una capillare e sistematica manipolazione dell’opinione pubblica e, peraltro, pervicacemente cerca di penetrare nelle menti per orientare il pensiero, le scelte, le opinioni. Così si ha il trionfo del pensiero unico, che non ha più bisogno di un esercizio libero della ragione ma di soggetti proni di fronte alle offerte del mercato, gagliardamente consumatori, non più cittadini ma sudditi; non servono più intellettuali, ma persone genericamente informate e/o formate. Per tale ragione diventa imperativo categorico ripensare in termini etici la politica e ridotare di senso e di valore l’educazione come pratica/strumento/percorso capace di favorire il cambiamento, di stimolare l’emancipazione, di promuovere il riscatto per tutti e per ciascuno e, di conseguenza, di scongiurare qualsiasi deriva populista, il demagogismo libertario, la tirannia del mercato, la mancanza di coscienza critica, l’idolatria del dio denaro, il culto dei potenti e dei più forti.

  • Itinerari di linguistica storica, teorica e applicata
    Contributi di Alfio Lamaia, Santi Messina, Salvatore Menza, Attilio Trovato

    I cinque saggi raccolti in questo volume rappresentano i diversi sviluppi di una tradizione di studi che ha la sua radice, storica e di scuola, nell’esperienza lessicografica del Vocabolario siciliano (1977-2002) fondato da Giorgio Piccitto e realizzato sotto la direzione di Giovanni Tropea e di Salvatore C. Trovato. Lo studio del lessico riunisce il dato particolare al sistema generale, la descrizione sincronica alla ricostruzione diacronica, la riflessione teorica all’applicazione concreta, in una circolarità (dall’ipotesi alla osservazione empirica al raffinamento dell’ipotesi) che coinvolge necessariamente tutti i livelli di analisi.

  • Con i contributi di: Maurizio Elia, Giuseppe Mineo, Guglielmo Trovato

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    Massimo Gaglio ha insegnato e vissuto a Catania, lontano dalle principali sedi di contestazione studentesca come Torino, Milano o Roma. Eppure, nel 1971, prima ancora della fondazione di “Medicina e potere”, esce per una piccola casa editrice un suo saggio destinato a far parlare di sé: Medicina e profitto, tesi di discussione per operai studenti e tecnici. Con un argomentare serrato e lucido il saggio smonta con eccezionale durezza l’intero sistema medico, dall’università alla pratica quotidiana, mostrandone la subalternità alla logica del capitale e la scelta del profitto come obiettivo principale. Non per nulla, Gaglio sceglie come lettori – oltre agli studenti – persone che la medicina del capitale la subiscono: operai e tecnici. Scelta che vogliamo riconfermare anche oggi con questa nuova edizione casualmente proposta in tempo di coronavirus, con alcuni interessanti contributi che aiutano a contestualizzare all’oggi il saggio di Gaglio.

  • Elementi di psicologia giuridico-forense

    L’incontro fra diritto e psicologia non è semplice, né facile. Il diritto è una scienza prescrittiva, legata al mantenimento e ripristino dell’ordine e della sicurezza sociale, e basata su norme e procedure all’interno delle quali gli spazi per la soggettività sono ridotti e ben definiti. Invece, la psicologia è una scienza descrittivo-applicativa, che mira a comprendere i fenomeni e a programmarne i cambiamenti partendo proprio dalla soggettività degli attori sociali. Il diritto tende alla certezza della decisione e usa una logica di causalità lineare, la psicologia introduce la logica della probabilità e si basa su una epistemologia di multi-determinazione e di causalità circolare. Non sempre questi mondi si incontrano sul piano teorico ed epistemologico, pur dovendo convivere e arrivare a dei compromessi nelle aule giudiziarie. Perché questa convivenza sia proficua, occorre anzitutto che ognuna delle due scienze conosca – almeno nelle linee essenziali – i principi e i meccanismi dell’altra.

  • Introducing Living Sphere è un manifesto aperto che propone una visione alternativa dell’architettura e che prende una posizione precisa nel mondo della disciplina architettonica. Esso è stato concepito per essere uno strumento a disposizione di chi lo legge: questo libro è infatti costruito come una sorta di “macchina” – un assemblaggio – di idee e dinamiche teoriche da ampliare e costruire con spirito rinnovato anche insieme al lettore. La chiave centrale che caratterizza Introducing Living Sphere è il ribaltamento della visione antropocentrica applicata all’ambiente costruito, che viene interpretata come una visione riduttiva e non più operativa al giorno d’oggi.

    Da un lato, dunque, l’architettura viene qui presentata come un insieme di pratiche, di idee e di sistemi simbiotici che vivono di relazioni, in un’ottica realmente ecologica. Dall’altro, si prova a sottrarre l’architettura a quella che si ritiene essere un’eccessiva astrazione formale e alla conseguente deriva autoreferenziale. Astrazione e autoreferenzialità trasformano, infatti, le pratiche architettoniche in un linguaggio autonomo, ermetico e in definitiva impenetrabile.

    Partendo da queste due idee, Introducing Living Sphere si presenta come un’opera aperta – non conclusiva e anzi altamente modificabile – che suggerisce una possibile strumentazione concettuale e pratica, e che introduce nell’ambiente costruito quella dimensione vitale che spesso l’architettura della modernità ha dimenticato.

    Infine, proprio per questa volontà di ribaltare il punto di vista universalmente accettato, il libro presenta un capitolo speciale dal titolo Delirious Sphere. Esso è una linea di fuga, un modo per sovvertire le convenzioni dell’architettura e con esse alcune regole che sono ampiamente accettate e quasi mai messe in discussione. Quindi, con un po’ di ironia, Introducing Living Sphere prova capovolgere “il mondo conosciuto” e prova a immaginare cosa sarebbe successo nell’architettura moderna se avesse accolto al suo interno, fin dall’inizio, la cosiddetta sfera della vita…

    [Il libro è edito in inglese e al suo interno presenta anche una traduzione integrale in italiano.]

  • La mitezza, comportamento o atteggiamento ispirato a un senso di paziente e benevola umanità. è ancora possibile la mitezza in un mondo segnato dai nazionalismi e dalla paura dell’altro? In una Italia sempre più barricata dentro i propri confini? In questo volume si raccolgono alcuni interventi di studiosi e operatori sociali all’insegna del pensiero di Giorgio La Pira, indimenticato sindaco di Firenze che di mitezza caratterizzò la sua azione politica e la dialettica. Un saggio, questo, per chi ama pensare, riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni e desidera essere un po’ irregolare. A chi non si arrende alle mode dilaganti, a chi ama liberare il proprio pensiero dalle catene che spesso lo comprimono.
    CONTRIBUTI: Claudio Saita – Rosa Loredana Cardullo – Antonio Di Grado – Giorgia Costanzo – Carmelo Lauretta – Vincenzo Morello – Christian Costanzo – Alessandro Dagnino – Luigi Arena – Margherita Asta
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  • Possono i cattolici parlare di una dimensione etica del piacere? L’argomento, uno dei più ‘tabuizzati’, suscita non poche perplessità negli ambienti cattolici, giacché secoli di tradizione ‘doloristica’ hanno relegato il piacere o in una dimensione edonistica o, al contrario, idealizzato fino a identificarlo con la gioia, riducendolo di fatto a una sorta di raggiro della natura per garantire la sopravvivenza della specie. L’autrice, senza scadere in semplicistiche valutazioni sul piacere sessuale in sé, si occupa degli elementi che giustificano pienamente un discorso cristiano sulla legittimità, bontà e ricerca del piacere sessuale nel contesto coniugale, attingendo innanzitutto al racconto della Genesi e al Cantico dei Cantici, poi analizza le ambivalenze dell’età patristica per approdare infine al magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI fino alla esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco.

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  • Lo scopo di questo volume è di mettere in luce il pensiero e l’insegnamento di Giovanni Paolo II relativamente alla Madre di Dio, quale segno e strumento di Riconciliazione e di Pace nel ministero della salvezza. L’Autore prende in esame le prime quattro lettere encicliche di Giovanni Paolo II, considerate i documenti che maggiormente fondano e motivano il pensiero del papa: la Redemptor hominis, la Dives in Misericordia, la Dominum et vivificantem e la Redemptoris Mater. Il lavoro di Fr. Cristoforo Amanzi, a partire dalla sapiente e autorevole devozione di Giovanni Paolo II, mostra l’importanza della figura di Maria, quale Regina della Pace, nel nostro travagliato tempo. A motivo di ciò, il presente contributo risulta indispensabile per ogni cristiano che voglia costruire una fondata spiritualità sulla pace. Il volume si suddivide in due parti: la prima approfondisce l’insegnamento “dottrinale” ripercorrendo le prime encicliche di Giovanni Paolo II; la seconda, evidenzia il suo insegnamento “pastorale”.

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  • Il volume raccoglie le riflessioni di autorevoli studiosi proposte nel Seminario Interdisciplinare in preparazione al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, dal titolo Paolo VI, artefice dell’umanesimo cristiano nel XX secolo, organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “M. Sturzo” di Piazza Armerina, dal 25 marzo al 13 maggio 2015, presso il Museo Diocesano. Parlare di umanesimo cristiano in Paolo VI è certamente un’impresa davvero ardua, dal momento che tutto il suo magistero, espresso attraverso allocuzioni, scritti e discorsi, era gravido di questo tema a lui molto caro. Tale pensiero che tradisce una forte passione antropologica del papa per la vita umana, viene contestualizzato in un momento storico particolare come, il XX secolo, attraversato dai totalitarismi, dai conflitti mondiali, dalla lenta ripresa del nostro Paese, dal fermento politico e teologico del mondo cattolico, sfociato poi nel grande evento del Concilio Vaticano II. Un contesto storico che sfocia nell’odierna società complessa, globalizzata e secolarizzata, in cui il messaggio di Paolo VI è oltremodo attuale e pertinente nell’indicare la misura vera dell’uomo nell’uomo-Figlio-di-Dio. L’antica storia del buon Samaritano è stata difatti il paradigma della spiritualità del Concilio e dell’intero magistero del papa, in virtù del quale la Chiesa si occupa, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo come oggi in realtà si presenta. Diventa quanto mai risolutiva, la scelta di riconsiderare l’umano gesuano e cristico come centro nevralgico da cui ripartire, per comprendere l’uomo di oggi.
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  • PER UNA TEOLOGIA DELL’ARTE IN PAOLO VI
    Il volume presenta una riflessione teologica sul pensiero e sugli insegnamenti di Paolo VI sull’arte in stretto rapporto con la fede. Ricostruendo la biografia e la formazione intellettuale di Giovanni Battista Montini, prima come assistente della FUCI e al servizio presso la Segreteria di Stato, poi nell’episcopato milanese e infine nel suo ministero universale petrino, l’autore porta alla luce le riflessioni originali e gli insegnamenti sul valore intrinseco dell’arte, essenzialmente religiosa, intesa dal papa come linguaggio dello spirito, che capta dal cielo dello spirito l’ineffabile bellezza di Dio per tradurla in forme accessibili attraverso la parola, i colori, i suoni e la materia. Un’arte che si pone al servizio regale, profetico e sacerdotale della fede cristiana e si avvicina, per connaturalità, alla rivelazione divina. Da una lettura attenta dei suoi discorsi e azioni di promozione a favore dell’arte, emerge sempre più la consapevolezza che l’arte (anche quella contemporanea) è rivelatrice non solo della bellezza di Dio ma anche della verità dell’uomo nel suo destino escatologico. In questo assunto, l’arte cristiana è per Paolo VI “perenne rivelazione” attraverso un modo antropologico di esprimere l’esistenza. Tale tematica auspica un metodo antico e sempre nuovo di fare teologia attraverso l’arte, mostrandosi sempre attuale ed efficace per una nuova evangelizzazione.
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