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Alle sedici e dieci di lunedì 17 agosto 1987 un uomo, recluso nel carcere di Spandau da una quarantina d’anni, di cui oltre venti trascorsi in totale solitudine (“privilegio” mai accordato a nessun altro, nella Storia), raggiunge il giardino per la consueta passeggiata. Novantatré anni, malato di cuore, quasi cieco, il corpo ormai scheletrico, quel vacillante, inoffensivo prigioniero è guardato a vista da un imponente apparato di vigilanza, organizzato dai vincitori del secondo conflitto mondiale. I sovietici lo pretendono in piena efficienza come quando la fortezza accoglieva seicento prigionieri, compreso il pattugliamento delle celle vuote (con un esborso annuo, per gli alleati, di quasi un milione di dollari), nonostante le condizioni del detenuto e i tanti, autorevoli appelli in favore della sua liberazione: lo considerano un nemico della patria nonché l’emblema dell’Operazione Barbarossa, l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Lasciato inspiegabilmente solo, quel pomeriggio il prigioniero affretta il passo malfermo e, in un paio di minuti appena, raggiunge la casupola del giardiniere, assicura un cavo elettrico a una trave e, secondo l’improbabile versione ufficiale, si impicca. Si trattava davvero di Rudolf Hess, o non piuttosto del suo sosia? Il dubbio non è nuovo, mentre è del tutto nuova la ricostruzione della figura di questo Enigma della Storia in una narrazione documentaria dal respiro di un Diario Segreto, con la penna-testimone che passa da Hess al suo sosia. Dove, a ottant’anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e della sua nomina a terza carica del Partito Nazista (dopo Hitler e Göring), il Solitario di Spandau, riflette criticamente, con appassionata lucidità, sui protagonisti, sul senso e sulla portata di eventi che hanno “dettato” la Storia e sgretolato il concetto stesso di umanità. E che rimangono di una attualità sconcertante quanto ammonitrice.
Un musicista racconta la vita quotidiana di una piccola comunità di uomini e donne che vivono nella palazzina di mattoni rossi costruita da suo padre. La guerra, un evento drammatico che segnerà per sempre la vita di alcuni protagonisti, la politica, gli amori, la ricerca del successo, i sogni, le cadute… Ogni personaggio, ciascuno con la propria piccola vita, sarà chiamato a interpretare, nell’arco di un cinquantennio, un pezzo della Storia di una Sicilia e di una Italia in trasformazione.
Due racconti, due personaggi, due luoghi – la Sicilia e Roma – per narrare, attraverso un sapiente uso della scrittura, della solitudine. Solitudine che a volte è scelta, altre non cercata e incolpevole. Come quella di Peppe, contadino quasi verghiano che sa ascoltare i suoni della natura e li tramuta in canti, ma da tutti emarginato. O quella di Rosa, cittadina d’adozione, che in un palazzo romano del dopoguerra, nella vita del condominio cerca, senza trovare, riparo dalla propria solitudine.
Per allontanarsi da un passato tempestoso, il reverendo don Filippo La Ferla lascia la Sicilia e si dirige a Napoli. Giunto nella capitale del Regno, il nostro don Filippo fantastica, vorrebbe vivere in un mondo senza grandi città e immergersi in un suo, personale paradiso terrestre. Sogna le terre scoperte da un tale Cristoforo Colombo circa un secolo prima. Così decide di partire. Intense saranno le avventure e difficili le prove che lo attenderanno Oltremare.
Anno del Signore 1593. Una nobildonna è sospettata di adulterio per una questione di lacrime versate a sproposito. Per la Chiesa, la Corona e la Santa Inquisizione le lacrime versate dalle mogli al momento della morte del marito sono indizio di innocenza mentre quelle per uno sconosciuto sono indizio di consumato adulterio. Toccherà al parroco del luogo, don Filippo La Ferla – che per la sua parte è serenamente dedito ai piaceri della carne – difendere la donna utilizzando raffinati strumenti del diritto.
Cunégonde vive la sua infanzia felice con i genitori e i fratellini in uno dei villaggi che, “laggiù, dalle parti dell’equatore, costituiscono il popolo degli abigì”. Tra superstizioni e antichi rituali scopre in adolescenza le fatiche dell’essere donna in una società tradizionalmente maschilista. Quando a seguito della disgregazione familiare decide di intraprendere il viaggio verso l’Europa, Cunégonde non sa ancora quanto difficile possa essere il viaggio stesso e la vita in una terra che non è la sua e tra gente che non è come lei. Un romanzo che racconta la vita in prima persona, con lo sguardo di chi, nonostante tutto, non perde mai la speranza e la voglia di sognare.
La poesia come grido di libertà Al suo esordio da Poeta, il grande illustratore e autore curdo di libri per ragazzi, propone 17 componimenti carichi di amore, paure, guerra e libertà. Dure e lievi le poesie di Fuad Aziz, come le sue pennellate, come i suoi colori. Come la sua terra. Cammina insieme a me, attraversiamo le strade, le città, le guerre e la tristezza. Alla fine troveremo la luce.
Un collettivo di tre autrici che sperimenta la propria scrittura in una continua interazione, elaborando un racconto in cui culture diverse interpretano in maniera differente lo stesso fenomeno. La storia si snoda intorno alla presenza di uno spiritello dispettoso in un appartamento dove tre inquilini di cultura e storia personale completamente differenti si trovano a districarsi tra le incomprensioni e l’ironia della vita. Il susseguirsi di email tra le autrici svela i retroscena del percorso di scrittura.
“Fino alla carne viva” è una silloge di 36 liriche scritte in un arco di tempo abbastanza lungo, e percorre vicende della vita che scandiscono e scalfiscono l’anima: viaggi, esperienze, situazioni legate al lavoro o al quotidiano, che si condensano in parole da raccontare, in significati profondi celati dietro metafore e similitudini. Lo scritto ora musicale, ora evocativo si presenta nel duplice significato, descrittivo e morale. La raccolta contiene una mescolanza tematica strutturata in 8 capitoli, che contengono a loro volta tante poesie quanto è il numero indicante il capitolo.
Anni ‘80, sul treno Catania-Roma prende vita, dai ricordi di un’anziana donna, una drammatica vicenda avvenuta anni prima in uno sperduto paesino della Sicilia montana. Una storia di povertà, soprusi e violenze che una ragazza, Tinuzza, subisce e di una gravidanza frutto di quelle stesse violenze che avrà conseguenze tragiche per i protagonisti delle vicende. Ma anche una tenera e candida storia d’amore tra la stessa Tinuzza e Mimmo, a riscatto di tutte le ingiustizie.
Dopo aver scontato la pena per la rapina alla Morgan’s Bank di Boston, Charles Jakoby, autista di Al Capone, viene rispedito in Sicilia con il marchio di “infame”, per avere dato informazioni sul suo capo all’FBI. Arriva così a Messina, come soggetto non gradito né alla polizia né alle “famiglie” della città. Ma siamo nel 1948 e le elezioni del primo Parlamento repubblicano trasformeranno Charles/Placido in una pedina nella mani di politici e mafiosi.
Milano, 1978-2012. Due generazioni di due famiglie diverse, le cui esistenze si sono incrociate luttuosamente nel passato per rincontrarsi quasi casualmente nel presente. Un omicidio terroristico e una negazione di paternità sono i due fatti principali da cui la vicenda prende le mosse. E sono anche le prime due (sottr)azioni da cui ne scaturiranno successivamente molte altre.
A casa di Federica è sorto un grande problema: sua nonna si è fidanzata con Romeo e i due intendono sposarsi. Per Federica veramente non è affatto un problema, Romeo gli piace, è gentile e simpatico. Ma sua mamma, cioè la figlia della nonna, è determinata a ostacolare queste nozze: “Non avrà mai la mia autorizzazione – ha detto – ed è perfino povero!”. Federica non vuole vedere la nonna triste, così organizza un piano per aiutarla a sposare il suo “povero” Romeo. Non mancano colpi di scena, risatine ironiche, crisi isteriche e… un finale soprendente!
Con il suo lungo cappotto nero, la falce e il volto funereo, il Signor Morte cerca di fare il suo mestiere, così come segnato nel suo terrificante taccuino nero in cui c’è scritto tutto, ma proprio tutto ciò che deve accadere a ogni singola persona. Tuttavia, il nostro è un Signor Morte un po’ sfortunato (se così si può dire di lui!): un po’ per distrazione, un po’ per stanchezza o superficialità, gli capita di mancare all’appuntamento con il predestinato di turno. Come andrà a finire?
Matteo trascorre ogni anno le vacanze in Sicilia, a casa del nonno. Quell’estate incontra Nino, il figlio di un minatore. Tra i due, dopo l’iniziale diffidenza, nasce un’amicizia che cresce e si rafforza tra mille avventure, che hanno come scenario una stazione ferroviaria abbandonata, le miniere di zolfo e il terribile Caronte, chilometri di cunicoli sotterranei infestati dai fantasmi degli appestati e il loro misterioso tesoro nascosto…
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