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  • Elementi di psicologia giuridico-forense

    L’incontro fra diritto e psicologia non è semplice, né facile. Il diritto è una scienza prescrittiva, legata al mantenimento e ripristino dell’ordine e della sicurezza sociale, e basata su norme e procedure all’interno delle quali gli spazi per la soggettività sono ridotti e ben definiti. Invece, la psicologia è una scienza descrittivo-applicativa, che mira a comprendere i fenomeni e a programmarne i cambiamenti partendo proprio dalla soggettività degli attori sociali. Il diritto tende alla certezza della decisione e usa una logica di causalità lineare, la psicologia introduce la logica della probabilità e si basa su una epistemologia di multi-determinazione e di causalità circolare. Non sempre questi mondi si incontrano sul piano teorico ed epistemologico, pur dovendo convivere e arrivare a dei compromessi nelle aule giudiziarie. Perché questa convivenza sia proficua, occorre anzitutto che ognuna delle due scienze conosca – almeno nelle linee essenziali – i principi e i meccanismi dell’altra.

  • Introducing Living Sphere è un manifesto aperto che propone una visione alternativa dell’architettura e che prende una posizione precisa nel mondo della disciplina architettonica. Esso è stato concepito per essere uno strumento a disposizione di chi lo legge: questo libro è infatti costruito come una sorta di “macchina” – un assemblaggio – di idee e dinamiche teoriche da ampliare e costruire con spirito rinnovato anche insieme al lettore. La chiave centrale che caratterizza Introducing Living Sphere è il ribaltamento della visione antropocentrica applicata all’ambiente costruito, che viene interpretata come una visione riduttiva e non più operativa al giorno d’oggi.

    Da un lato, dunque, l’architettura viene qui presentata come un insieme di pratiche, di idee e di sistemi simbiotici che vivono di relazioni, in un’ottica realmente ecologica. Dall’altro, si prova a sottrarre l’architettura a quella che si ritiene essere un’eccessiva astrazione formale e alla conseguente deriva autoreferenziale. Astrazione e autoreferenzialità trasformano, infatti, le pratiche architettoniche in un linguaggio autonomo, ermetico e in definitiva impenetrabile.

    Partendo da queste due idee, Introducing Living Sphere si presenta come un’opera aperta – non conclusiva e anzi altamente modificabile – che suggerisce una possibile strumentazione concettuale e pratica, e che introduce nell’ambiente costruito quella dimensione vitale che spesso l’architettura della modernità ha dimenticato.

    Infine, proprio per questa volontà di ribaltare il punto di vista universalmente accettato, il libro presenta un capitolo speciale dal titolo Delirious Sphere. Esso è una linea di fuga, un modo per sovvertire le convenzioni dell’architettura e con esse alcune regole che sono ampiamente accettate e quasi mai messe in discussione. Quindi, con un po’ di ironia, Introducing Living Sphere prova capovolgere “il mondo conosciuto” e prova a immaginare cosa sarebbe successo nell’architettura moderna se avesse accolto al suo interno, fin dall’inizio, la cosiddetta sfera della vita…

    [Il libro è edito in inglese e al suo interno presenta anche una traduzione integrale in italiano.]

  • Per secoli parrocchia del Senato palermitano, la chiesa di Sant’Antonio Abate nel corso della sua storia ha vissuto considerevoli trasformazioni. L’edificio chiesastico, sorto in epoca medievale, ha subìto dapprima l’influsso bizantino-normanno e il suo aspetto attuale è frutto delle significative trasformazioni intervenute nelle epoche successive, dal Rinascimento al primo decennio del secolo XX. Insomma, una storia che per buona parte del secondo millennio si incrocia con le dinamiche socioculturali della città di Palermo. Il volume si presenta in forma corale; i diversi autori hanno offerto il loro contributo a diversi livelli: urbanistico e architettonico (E. Saeli), documentario (C. Gino Li Chiavi, G. Mendola, G. Tulipano), storico-artistico (C. Gino Li Chiavi, S. Grasso, D. Lo Piccolo), estetico-teologico (C. Scordato), pastorale (G. Tulipano). Propiziato dalla circostanza commemorativa, l’opera da un lato fa tesoro delle ricerche precedenti, offrendo anche notevoli elementi di novità; dall’altro lato, in quanto frutto di lavoro interdisciplinare, va compreso nella circolarità che intercorre fra i singoli contributi.
    Il volume è stato pubblicato in occasione dell’ottavo centenario della erezione canonica della chiesa (1220-2020)

  • Proverbi, indovinelli, scioglilingua, cunti, canti, foto e motti
    “Sicilia in scena” nasce dalla volontà di raccontare la Sicilia attraverso i suoi aspetti più popolari. Le nuove generazioni rischiano di rimanere totalmente scollegate dalla cultura dei nostri avi e di non avere più la cognizione delle proprie radici e della propria lingua. Andiamo incontro al rischio concreto che la globalizzazione si trasformi in omologazione culturale. Ognuno di noi ha il dovere di tramandare la cultura di cui è in possesso. Dobbiamo essere documento vivo, tramite di conoscenza per chi non ha nozione del “prima”. L’augurio è che “Sicilia in scena”, attraverso la rappresentazione teatrale di proverbi, detti, filastrocche, indovinelli, racconti, canti e foto di gente di Sicilia, dalla fine dell’Ottocento alla fine degli anni ’50 del Novecento, possa essere di aiuto a quanti vogliono conoscere e comprendere, anche solo in piccola parte, la ricchezza culturale di cui siamo detentori.
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  • La mitezza, comportamento o atteggiamento ispirato a un senso di paziente e benevola umanità. è ancora possibile la mitezza in un mondo segnato dai nazionalismi e dalla paura dell’altro? In una Italia sempre più barricata dentro i propri confini? In questo volume si raccolgono alcuni interventi di studiosi e operatori sociali all’insegna del pensiero di Giorgio La Pira, indimenticato sindaco di Firenze che di mitezza caratterizzò la sua azione politica e la dialettica. Un saggio, questo, per chi ama pensare, riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni e desidera essere un po’ irregolare. A chi non si arrende alle mode dilaganti, a chi ama liberare il proprio pensiero dalle catene che spesso lo comprimono.
    CONTRIBUTI: Claudio Saita – Rosa Loredana Cardullo – Antonio Di Grado – Giorgia Costanzo – Carmelo Lauretta – Vincenzo Morello – Christian Costanzo – Alessandro Dagnino – Luigi Arena – Margherita Asta
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  • Possono i cattolici parlare di una dimensione etica del piacere? L’argomento, uno dei più ‘tabuizzati’, suscita non poche perplessità negli ambienti cattolici, giacché secoli di tradizione ‘doloristica’ hanno relegato il piacere o in una dimensione edonistica o, al contrario, idealizzato fino a identificarlo con la gioia, riducendolo di fatto a una sorta di raggiro della natura per garantire la sopravvivenza della specie. L’autrice, senza scadere in semplicistiche valutazioni sul piacere sessuale in sé, si occupa degli elementi che giustificano pienamente un discorso cristiano sulla legittimità, bontà e ricerca del piacere sessuale nel contesto coniugale, attingendo innanzitutto al racconto della Genesi e al Cantico dei Cantici, poi analizza le ambivalenze dell’età patristica per approdare infine al magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI fino alla esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco.

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  • Lo scopo di questo volume è di mettere in luce il pensiero e l’insegnamento di Giovanni Paolo II relativamente alla Madre di Dio, quale segno e strumento di Riconciliazione e di Pace nel ministero della salvezza. L’Autore prende in esame le prime quattro lettere encicliche di Giovanni Paolo II, considerate i documenti che maggiormente fondano e motivano il pensiero del papa: la Redemptor hominis, la Dives in Misericordia, la Dominum et vivificantem e la Redemptoris Mater. Il lavoro di Fr. Cristoforo Amanzi, a partire dalla sapiente e autorevole devozione di Giovanni Paolo II, mostra l’importanza della figura di Maria, quale Regina della Pace, nel nostro travagliato tempo. A motivo di ciò, il presente contributo risulta indispensabile per ogni cristiano che voglia costruire una fondata spiritualità sulla pace. Il volume si suddivide in due parti: la prima approfondisce l’insegnamento “dottrinale” ripercorrendo le prime encicliche di Giovanni Paolo II; la seconda, evidenzia il suo insegnamento “pastorale”.

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  • La città è in preda alla disperazione!!! I CARICABATTERIE si sono ribellati alla schiavitù a cui sono quotidianamente sottoposti dagli umani, senza distinzione di sesso, età e condizione sociale. E così, milioni di caricabatterie, guidati dal più anziano di essi, FILDIFERRO, l’ultimo di una generazione ormai estinta di caricabatterie con la coda rigida come il fil di ferro, hanno invaso tutte le strade e al grido di IL POTERE AI CARICABATTERIE hanno conquistato la sala del consiglio comunale e cacciato via il sindaco per assumere TUTTO IL POTERE! Niente più ricariche allora! I giorni passano e i cellulari si spengono, gli smartphone collassano, i tablet emettono l’ultimo rantolo… Gli umani sono disperati e si assiste a scene terribili di astinenza!!! Ma finalmente qualcuno viene in aiuto ai poveri cittadini oramai disperati: le FORBICI! Migliaia di forbici scendono in piazza e prendono in ostaggio ognuna un caricabatterie, minacciando di tagliare il filo una volta per tutte. Altra agitazione! Altra paura! Come finirà? Niente paura, tutto tornerà come prima. Ma gli umani avranno imparato la lezione?
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  • Il volume raccoglie le riflessioni di autorevoli studiosi proposte nel Seminario Interdisciplinare in preparazione al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, dal titolo Paolo VI, artefice dell’umanesimo cristiano nel XX secolo, organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “M. Sturzo” di Piazza Armerina, dal 25 marzo al 13 maggio 2015, presso il Museo Diocesano. Parlare di umanesimo cristiano in Paolo VI è certamente un’impresa davvero ardua, dal momento che tutto il suo magistero, espresso attraverso allocuzioni, scritti e discorsi, era gravido di questo tema a lui molto caro. Tale pensiero che tradisce una forte passione antropologica del papa per la vita umana, viene contestualizzato in un momento storico particolare come, il XX secolo, attraversato dai totalitarismi, dai conflitti mondiali, dalla lenta ripresa del nostro Paese, dal fermento politico e teologico del mondo cattolico, sfociato poi nel grande evento del Concilio Vaticano II. Un contesto storico che sfocia nell’odierna società complessa, globalizzata e secolarizzata, in cui il messaggio di Paolo VI è oltremodo attuale e pertinente nell’indicare la misura vera dell’uomo nell’uomo-Figlio-di-Dio. L’antica storia del buon Samaritano è stata difatti il paradigma della spiritualità del Concilio e dell’intero magistero del papa, in virtù del quale la Chiesa si occupa, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo come oggi in realtà si presenta. Diventa quanto mai risolutiva, la scelta di riconsiderare l’umano gesuano e cristico come centro nevralgico da cui ripartire, per comprendere l’uomo di oggi.
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  • PER UNA TEOLOGIA DELL’ARTE IN PAOLO VI
    Il volume presenta una riflessione teologica sul pensiero e sugli insegnamenti di Paolo VI sull’arte in stretto rapporto con la fede. Ricostruendo la biografia e la formazione intellettuale di Giovanni Battista Montini, prima come assistente della FUCI e al servizio presso la Segreteria di Stato, poi nell’episcopato milanese e infine nel suo ministero universale petrino, l’autore porta alla luce le riflessioni originali e gli insegnamenti sul valore intrinseco dell’arte, essenzialmente religiosa, intesa dal papa come linguaggio dello spirito, che capta dal cielo dello spirito l’ineffabile bellezza di Dio per tradurla in forme accessibili attraverso la parola, i colori, i suoni e la materia. Un’arte che si pone al servizio regale, profetico e sacerdotale della fede cristiana e si avvicina, per connaturalità, alla rivelazione divina. Da una lettura attenta dei suoi discorsi e azioni di promozione a favore dell’arte, emerge sempre più la consapevolezza che l’arte (anche quella contemporanea) è rivelatrice non solo della bellezza di Dio ma anche della verità dell’uomo nel suo destino escatologico. In questo assunto, l’arte cristiana è per Paolo VI “perenne rivelazione” attraverso un modo antropologico di esprimere l’esistenza. Tale tematica auspica un metodo antico e sempre nuovo di fare teologia attraverso l’arte, mostrandosi sempre attuale ed efficace per una nuova evangelizzazione.
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  • È il quarto di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio del Rosario in San Domenico a Palermo, uno degli apparati più noti e celebrati dell’epopea serpottiana.

    Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.

    Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.

    Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).

    Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.

    Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.

    Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.

    Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico

  • È il terzo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio del Rosario in Santa Cita a Palermo.

    Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.

    Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.

    Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).

    Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.

    Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.

    Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.

    Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico

  • È il secondo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio di San Mercurio – nei pressi di San Giovanni degli Eremito – e dell’oratorio del Carminello all’Albergheria.

    Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.

    Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.

    Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).

    Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.

    Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.

    Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.

    Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico

  • Il volume di Chiara Vergani rappresenta un pregevole punto di riferimento su un tema di grandissima attualità. L’autrice riesce in questo libro a contemperare, amalgamare e rendere fruttuose le sue sensibilità culturali, professionali, scientifiche. Tale amalgama mette a disposizione del lettore una varietà di fatti, ricerche e sperimentazioni attuali che lo rendono di sicuro ampio, approfondito e stimolante, ma soprattutto utile. Chiara Vergani deve la sua efficacia di scrittrice e di divulgatrice, anche televisiva, a una lunga militanza di insegnante che le ha permesso di toccare con mano, analizzare, vivere e partecipare, con finalità di prevenzione e contenimento, a molti casi di bullismo, agendo a sostegno di bambini, genitori e insegnanti. Una grande pratica, quindi, che si fa teoria. L’autrice ha nel suo bagaglio una robusta formazione psicopedagogica universitaria, questo le ha consentito di interpretare, capire e spiegare con serenità ed efficacia molti di questi esempi visti e vissuti. Non si è fermata però alla sola, se pur poderosa, esperienza, ma ha corredato il suo tessuto divulgativo con un ordito di riferimenti scientifici, di esperienze nazionali e internazionali che rendono il suo prodotto intellettuale unico e concreto. Ottenendo in tal modo un risultato molto ricercato tra i cultori delle scienze sociali: sostenere una buona pratica con una brillante e ben documentata teoria.
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  • È il primo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio di San Lorenzo a Palermo, uno degli apparati più noti e celebrati dell’epopea serpottiana.

    Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.

    Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.

    Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).

    Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.

    Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.

    Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.

    Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico