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In questo libro, intricato e intrigante, si narra la storia di un’amicizia – intensa, forte, tenera, feroce – tra due ragazzini, diversi per cultura ed estrazione sociale, ma entrambi usciti da poco dalla guerra che, dal 1939 al 1945, aveva sconvolto la vita del mondo, dell’Europa, dell’Italia, delle città e di un piccolo paese della pianura padana. È una storia di stravaganti incontri che i due, Vittorio e Paolino, si giocano in un torrido pomeriggio di un’estate lontana, una manciata di ore spese in corse spericolate, scoperte improvvise, fughe affannate, scambio di confidenze, furiosi litigi e tanto, tanto sole negli occhi. Segreti, speranze e sogni che incideranno per sempre le loro anime. Due piccoli eroi dai calzoni corti imbevuti di ardore e sete d’avventura nati nei loro campi e arricchiti dalle voraci letture di giornalini e libri dove giganteggiano mitici personaggi quali Tex Willer, Sandokan, D’Artagnan e la salgariana Scotennatrice.
È una storia di guerra e sulla guerra, o meglio è una storia sul potere, quello che il sistema (la Famiglia, la Scuola, la Chiesa, lo Stato) esercita, consapevole o no, colpevole o no, sull’uomo e l’uomo scarica sul bambino e un bambino riversa su un altro bambino.
Due racconti, due storie solo all’apparenza diverse. I redenti (lo schiaffo), narra di una piccola comunità parrocchiale che vive di ipocrisie, di preghiere a Dio e devozione ai santi ma anche di invidie e odio verso l’Uomo, soprattutto se questo è portatore di valori e modelli diversi. Nel corso di un viaggio a Pietralcina, l’autrice fa emergere nei suoi personaggi tutta la loro avversione verso immigrati, povera gente e donne dal dubbio stile di vita. Un po’ alla volta viene fuori anche lo squallore del parroco, padre Redento, che oltre a non disdegnare la disponibilità delle parrocchiane, è reo di abusi sessuali verso un minore che finirà col suicidarsi. Il finale è come un colpo di scena già annunciato. I Giusti (la guancia) si ispira a una storia vera accaduta in Sicilia nel 1946. Lentamente uomini e donne si mettono alle spalle il dramma della guerra e si avviano verso una nuova epoca. Sono tempi di cambiamenti e confusione e spesso si fatica a distinguere ciò che è vero da ciò che vero non è, i buoni dai cattivi, la giustizia dall’ingiustizia. Come accade a Michele, il protagonista di questa storia, accusato ingiustamente e detenuto in carcere per sette mesi perché necessariamente colpevole. Colpevole di essersi lasciato affascinare da un’ideologia che come una religione ammalia gli ultimi, i diseredati.
Un musicista racconta la vita quotidiana di una piccola comunità di uomini e donne che vivono nella palazzina di mattoni rossi costruita da suo padre. La guerra, un evento drammatico che segnerà per sempre la vita di alcuni protagonisti, la politica, gli amori, la ricerca del successo, i sogni, le cadute… Ogni personaggio, ciascuno con la propria piccola vita, sarà chiamato a interpretare, nell’arco di un cinquantennio, un pezzo della Storia di una Sicilia e di una Italia in trasformazione.
Dopo aver scontato la pena per la rapina alla Morgan’s Bank di Boston, Charles Jakoby, autista di Al Capone, viene rispedito in Sicilia con il marchio di “infame”, per avere dato informazioni sul suo capo all’FBI. Arriva così a Messina, come soggetto non gradito né alla polizia né alle “famiglie” della città. Ma siamo nel 1948 e le elezioni del primo Parlamento repubblicano trasformeranno Charles/Placido in una pedina nella mani di politici e mafiosi.
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