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O DEGLI ANGELINI A PALERMO
Introduzione di Salvatore Vacca
Scritti di Pamela Bono, Santina Grasso, Danilo Lo Piccolo, Guido Meli, Giovanni Mendola, Cosimo Scordato
Rilievi di Francesca Scavuzzo
Fotografie di Pamela Bono e Danilo Lo Piccolo
La chiesa di Santa Maria del Piliere o degli Angelini a Palermo costituisce un documento di grande interesse nell’ambito della cultura del Settecento palermitano. Essa è altresì un’eloquente testimonianza del clima culturale e artistico della Sicilia del tempo. Il volume, studiando la storia della chiesa, finora poco conosciuta, rivisita la storia della città di Palermo e delle sue famiglie, del passaggio dei popoli e delle culture.
Dagli atti di un convegno sul tema, uno splendido libro sull’eccedenza del Barocco, sia come espressione artistica, sia come pensiero e fede. Dodici studiosi in varie discipline si confrontano, ciascuno nel proprio campo, per raccontare la grandiosità del Barocco che, a partire dal Seicento, ha riempito Palermo e la Sicilia tutta di una grande produzione artistica che tocca i suoi vertici in alcune straordinarie chiese. Il volume, pur nel suo articolato scientifico, è impreziosito da un ricco apparato iconografico, che lo rende un vero e proprio catalogo d’arte del Barocco siciliano.
Per secoli parrocchia del Senato palermitano, la chiesa di Sant’Antonio Abate nel corso della sua storia ha vissuto considerevoli trasformazioni. L’edificio chiesastico, sorto in epoca medievale, ha subìto dapprima l’influsso bizantino-normanno e il suo aspetto attuale è frutto delle significative trasformazioni intervenute nelle epoche successive, dal Rinascimento al primo decennio del secolo XX. Insomma, una storia che per buona parte del secondo millennio si incrocia con le dinamiche socioculturali della città di Palermo. Il volume si presenta in forma corale; i diversi autori hanno offerto il loro contributo a diversi livelli: urbanistico e architettonico (E. Saeli), documentario (C. Gino Li Chiavi, G. Mendola, G. Tulipano), storico-artistico (C. Gino Li Chiavi, S. Grasso, D. Lo Piccolo), estetico-teologico (C. Scordato), pastorale (G. Tulipano). Propiziato dalla circostanza commemorativa, l’opera da un lato fa tesoro delle ricerche precedenti, offrendo anche notevoli elementi di novità; dall’altro lato, in quanto frutto di lavoro interdisciplinare, va compreso nella circolarità che intercorre fra i singoli contributi.
Il volume è stato pubblicato in occasione dell’ottavo centenario della erezione canonica della chiesa (1220-2020)
È il quarto di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio del Rosario in San Domenico a Palermo, uno degli apparati più noti e celebrati dell’epopea serpottiana.
Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.
Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.
Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).
Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.
Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.
Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.
Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico
È il terzo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio del Rosario in Santa Cita a Palermo.
Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.
Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.
Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).
Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.
Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.
Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.
Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico
È il secondo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio di San Mercurio – nei pressi di San Giovanni degli Eremito – e dell’oratorio del Carminello all’Albergheria.
Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.
Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.
Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).
Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.
Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.
Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.
Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico
È il primo di quattro volumi dedicati all’opera del grande scultore palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732). In queto volume, gli autori prendono in esame gli stucchi dell’oratorio di San Lorenzo a Palermo, uno degli apparati più noti e celebrati dell’epopea serpottiana.
Il progetto Gli oratori di Giacomo Serpotta a Palermo è un contributo all’approfondimento della figura e dell’opera del grande scultore palermitano (1656-1732); esso presenta una duplice connotazione. La prima è relativa alla scelta degli oratori palermitani nei quali risulta ben documentato e decisivo l’intervento di Giacomo Serpotta, pur con le possibili collaborazioni del fratello Giuseppe o del figlio Procopio. La seconda connotazione è relativa al metodo di lavoro; si è preferito un approccio interdisciplinare, facendo tesoro degli apporti di varie discipline: urbanistica, architettura, storia dell’arte, teologia. Ciò che viene presentato è, pertanto, il frutto del lavoro di un’équipe di persone che, oltre al rapporto di amicizia, hanno potuto affinare la reciproca collaborazione.
Valeria Viola propone una duplice analisi; la prima ricostruisce il contesto urbano nel quale si inscrivono i diversi oratori, di fatto dislocati in tutti i quartieri della città; la seconda chiarisce in che modo l’intervento del Serpotta interagisce col dato architettonico di ogni oratorio.
Giovanni Mendola fa il punto della situazione sui dati documentari, dai quali è possibile individuare le committenze e gli impegni assunti dal Serpotta; il tutto lasciando intravedere lo sfondo nel quale si colloca la realizzazione dell’opera (maestranze, materiali, costi, consegne).
Santina Grasso si impegna a ricostruire il contesto storico-artistico nel quale va collocata la figura del Serpotta; ciò avviene non solo per riscontrare eventuali sue ispirazioni alla produzione coeva, ma ancor più per rilevare le novità e gli esiti originali che la poiesis del Serpotta consegue.
Cosimo Scordato sottolinea l’intreccio indissolubile tra il come e il che cosa dell’opera del Serpotta; la libertà con la quale egli fa commentare i temi religiosi ai puttini e alle allegorie gli consente quella leggerezza mista a pathos, che resta la sua inconfondibile cifra artistica e spirituale.
Rosario Sanguedolce con le sue foto si inserisce nel lavoro dell’équipe; egli ha accettato la sfida degli stucchi superandone le insidie; le immagini si sono sviluppate in sincronia con i testi in un rapporto di reciproco rimando; alla fine, immagini e testo dono diventati un tutt’uno.
Il progetto comprende quattro volumi monografici: L’oratorio di San Lorenzo; Gli oratori di San Mercurio e del Carminello; L’oratorio del Rosario in Santa Cita; L’oratorio del Rosario in San Domenico
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