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Un manoscritto ritrovato, certo. Eppure in questo romanzo di Alfredo Stoppa il ritrovamento non innesca un freddo gioco iperletterario: ne scaturisce, invece, la distesa narrazione di vicende calde e ben degne di essere ricordate, che allargano la visuale – come un cannocchiale – da una prospettiva strettamente familiare a quella di un piccolo paese a quella dell’Italia intera, dato che le vicende di sfondo sono così cruciali da dilatare enormemente la portata dell’evocazione, del ricordo. Si tratta della guerra civile italiana, in un arco temporale compreso tra il settembre 1943 e l’agosto del ’44. Più lontana s’affaccia perfino la Guerra di Spagna, vicenda-spartiacque per tanti destini umani trovatisi di fronte a un bivio etico ed esistenziale. Ma è poi l’efferatezza della strage nazista di Torlano che verrà riconosciuta da chi ha dimestichezza con la storia della Resistenza friulana. L’autore, assai noto a chi frequenta la letteratura per l’infanzia, ha buon gioco nel rivestire i fatti narrati di una patina giocosa e fiabesca, coerente con lo sguardo di un ragazzino sul crinale fra prima e seconda adolescenza. Ma questo sguardo limpido e questa prosa asciutta ed elegante parlano un linguaggio universale.
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