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Il volume raccoglie gli interventi del seminario Incontrare i margini. Declinare l’educare con lo sguardo degli ultimi, svoltosi il 7 marzo 2012 presso l’Università degli Studi di Enna «Kore». Il paradigma della differenza in educazione rappresenta la chiave d’ingresso per decifrare la complessità, per interpretare l’alterità e per orientare la relazione nei termini problematicisticamente aperti dell’emancipazione critica e della coscientizzazione. Nello spirito di una pedagogia democratica, definita secondo i criteri di una nuova paideia, il corso di laurea di Scienze dell’educazione, nel solco delle iniziative promosse da cinque anni a questa parte, ha inteso offrire un nuovo contributo di riflessione per ribadire l’importanza, il valore e il significato di una pedagogia militante, che sappia sempre e comunque collocarsi dalla parte degli ultimi e svolga, inoltre, una funzione di demitizzazione/decostruzione/decriptazione per smascherare le logiche dei poteri forti della politica e dell’economia e di qualsiasi altro sistema oligarchico, corporativo e/o lobbistico. Muovendosi nell’ottica che interpreta la democrazia come tutela dei più deboli, delle minoranze e dei marginali, il volume tenta di proporre itinerari per ripensare e ridefinire il pedagogico e l’educativo con l’occhio della differenza per tracciare nuovi orizzonti ermeneutici e individuare nuovi approdi euristici in grado di attivare processi di negoziazione tra teoria e prassi educativa.
È possibile e lecito immaginare la costruzione di un nuovo umanesimo in un’epoca, come quella attuale, caratterizzata da un galoppante revanscismo neorazzista e dalla deriva valoriale? Stefano Salmeri risponde di sì e propone di rifarsi alla Bildung ebraico-chassidica per costruire una società nella quale Verità, Giustizia e Pace saranno i principi fondamentali e in cui il maestro/profeta/tsaddiq sarà guida, esempio e attore/artefice militante in vista della rigenerazione di tutti e di ciascuno. La tradizione ebraico-chassidica, non più presente nell’Europa Orientale dopo la tragedia della Shoah, vive ancora nella testimonianza e nella ricostruzione che ci hanno consegnato pensatori come Buber e Scholem, ma anche scrittori e filosofi come Kafka, Benjamin, Lévinas, Derrida, Rosenzweig. A questi interpreti il volume fa riferimento per tentare di restituire e di presentare al dibattito pedagogico italiano una epistemologia educativa, ermeneuticamente orientata, i cui assunti teoretici appaiono non solo attuali, ma addirittura vitali e rivitalizzanti per la messa in opera di una sincera e problematicamente aperta pedagogia.
La differenza in educazione è la cifra indispensabile e il valore aggiunto per costruire la relazione secondo i criteri di una nuova paideia che ambisce a diventare prassi e teoria criticamente emancipatrice. In una prospettiva aperta e democratica si cerca di presentare in questo lavoro una riflessione pedagogica che si propone di offrire un approccio convergente e divergente del pensiero e che intende fornire risposte problematiche e non dogmatiche agli effettivi e reali bisogni formativi di ogni singolo allievo in situazione di differenza per cultura, per appartenenza sociale, per status economico, per disabilità e per identità sessuale. L’attenzione alla singolarità e alle sue peculiarità, il riconoscimento e il rispetto dell’alterità, il senso della responsabilità assoluta nella relazione educativa e nell’agire quotidiano, la dimensione etica, la ricerca incessante del meglio, la necessità di immaginare e di costruire una società e un mondo sempre più a misura d’uomo costituiscono le direttrici fondamentali del volume, che, non pretendendo di essere esaustivo, si propone però di lanciare alcune provocazioni per spingere a ripensare l’educativo in un’ottica problematica e critica: un’educazione che come nuova paideia intenda essere pratica dell’integrazione e teoresi dell’inclusione secondo le logiche di un mutuo scambio, nel quale, in un dialogo permanente dettato da una reciprocità concretamente vissuta, ognuno è incessantemente centro e periferia a seconda delle esigenze, ma mai marginale e/o diverso/escluso/discriminato.
Prefazione di Salvo Andò
La democrazia e l’educazione costituiscono il più sicuro ed efficace antidoto contro il populismo, male endemico di tutte le forme di governo non libertarie, autoritarie e/o, addirittura, dittatoriali. Già i Greci sapevano che la democrazia può degenerare in demagogia e che, quindi, la forma più avanzata di partecipazione e di coinvolgimento popolare può facilmente trasformarsi in una deriva autoritaria, anche se apparentemente mantiene le forme, le strutture e le istituzioni del governo di tutti. I pericoli risultano maggiori, oggi, con il trionfo del potere mediatico, che permette una capillare e sistematica manipolazione dell’opinione pubblica e, peraltro, pervicacemente cerca di penetrare nelle menti per orientare il pensiero, le scelte, le opinioni. Così si ha il trionfo del pensiero unico, che non ha più bisogno di un esercizio libero della ragione ma di soggetti proni di fronte alle offerte del mercato, gagliardamente consumatori, non più cittadini ma sudditi; non servono più intellettuali, ma persone genericamente informate e/o formate. Per tale ragione diventa imperativo categorico ripensare in termini etici la politica e ridotare di senso e di valore l’educazione come pratica/strumento/percorso capace di favorire il cambiamento, di stimolare l’emancipazione, di promuovere il riscatto per tutti e per ciascuno e, di conseguenza, di scongiurare qualsiasi deriva populista, il demagogismo libertario, la tirannia del mercato, la mancanza di coscienza critica, l’idolatria del dio denaro, il culto dei potenti e dei più forti.
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