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Nell’anno 1937 l’Italia è da 15 anni sotto il regime fascista. Ma il 1937 è anche l’anno della Lucchese, dai colori rossoneri, che conquista un insperato e meritatissimo settimo posto nella massima divisione. In piena temperie dittatoriale, in un clima di assuefazione, autoritarismo, dove la folla è gregge e l’opinione pubblica inesistente, all’alba, più o meno, delle disgraziate leggi razziali, in quella squadra militano Bruno Neri, Libero Marchini, Gino Callegari, Bruno Scher, Aldo Olivieri. Allenatore è Ernest Erbstein, ungherese di famiglia ebrea, genio e filosofo del gioco, il quale sarà poi direttore tecnico del Grande Torino che perirà nella tragedia di Superga. Nomi da leggenda – Olivieri, portiere, il gatto magico, sarà anche campione del mondo in azzurro nel 1938 – soprattutto uomini liberi, una pattuglia di coraggiosi, capaci di non piegarsi ai diktat di regime e alle più bieche e opportunistiche convenzioni, capaci di non cedere alla paura, per continuare a essere sé stessi e a difendere le proprie idee e ideali. (dalla Prefazione di Alberto Figliolia)
Novembre 1999, un giornalista sale in un paese avvinghiato ai monti. Deve parlare con un vecchio partigiano, uno degli ultimi testimoni di un passato doloroso. Saprà l’uomo fugare un dubbio che lo tormenta? Quella terra di morte e di utopie, di verità e di bugie nasconde un mistero. Tra le vie di un paese, tra i tavoli di un’osteria per rincorrere una risposta. Arduo ottenerla, perché gli uomini che hanno vissuto o subito la guerra la fuggono. La guerra ha un cattivo odore.
Un manoscritto ritrovato, certo. Eppure in questo romanzo di Alfredo Stoppa il ritrovamento non innesca un freddo gioco iperletterario: ne scaturisce, invece, la distesa narrazione di vicende calde e ben degne di essere ricordate, che allargano la visuale – come un cannocchiale – da una prospettiva strettamente familiare a quella di un piccolo paese a quella dell’Italia intera, dato che le vicende di sfondo sono così cruciali da dilatare enormemente la portata dell’evocazione, del ricordo. Si tratta della guerra civile italiana, in un arco temporale compreso tra il settembre 1943 e l’agosto del ’44. Più lontana s’affaccia perfino la Guerra di Spagna, vicenda-spartiacque per tanti destini umani trovatisi di fronte a un bivio etico ed esistenziale. Ma è poi l’efferatezza della strage nazista di Torlano che verrà riconosciuta da chi ha dimestichezza con la storia della Resistenza friulana. L’autore, assai noto a chi frequenta la letteratura per l’infanzia, ha buon gioco nel rivestire i fatti narrati di una patina giocosa e fiabesca, coerente con lo sguardo di un ragazzino sul crinale fra prima e seconda adolescenza. Ma questo sguardo limpido e questa prosa asciutta ed elegante parlano un linguaggio universale.
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